Sui social non ascoltiamo e nessuno ascolta noi

A cura di Francesca Anzalone

Competere per l’attenzione, per i like, per i follower, per le condivisioni, è la quotidianità. Essere online per venire notati. Ma è realmente ciò di cui abbiamo bisogno?

Il titolo è volutamente provocatorio, anche se un fondamento lo ha, eccome! Me lo ha suggerito la lettura di un libro molto interessante L’arte di saper ascoltare di Kate Murphy, giornalista del New York Times. Le persone hanno innanzitutto bisogno di essere ascoltate, ma nella maggior parte dei casi noi non ascoltiamo e neppure veniamo ascoltati. Siamo più soli? Più isolati? E per questo siamo diventati meno tolleranti? Arriviamo all’hate speech, al deep fake, a scegliere collaboratori e partner su vanity metrics, a commentare animatamente dopo aver letto solo il titolo di un articolo (all’incirca 250 caratteri). Ma la questione vera è: siamo davvero padroni delle nostre emozioni e reazioni o siamo meri esecutori di un disegno altrui?
Creare contenuti online oggi è fondamentale, se non si creano, si rischia di diventare inesistenti. E così, tutto diventa narrazione anche a scapito della qualità. Ma, talvolta, per nutrire il desiderio di conoscere la vita di un altro e non per il desiderio di imparare o migliorarsi; se non addirittura per il bisogno di giudicare, attaccare, utilizzare “hate speech”. I brand non ne sono immuni, e se da una parte devono impegnarsi a concorrere in un mercato in cui ogni giorno vengono pubblicati 7,8 miliardi di post di blog (fonte: webstiteratinng.com), in cui gli articoli devono essere di almeno 300 parole (per avere la possibilità di classificarsi bene su Google se tutti gli aspetti di ottimizzazione sono stati seguiti); dall’altra non ci si può fare trovare impreparati a contenuti di “hate speech” fenomeno sempre più presente. Ogni occasione diventa sempre più il pretesto per manipolare e screditare l’informazione, fino addirittura a modificarne in maniera verosimile gli elementi. L’evento comunicativo tra persone non è cambiato in sé, ma sono cambiate le sue caratteristiche e le finalità, non sempre etiche. E dunque ci troviamo a muoverci in un contenitore intricato di miliardi di parole a cui cercare di dare la giusta interpretazione. Oggi serve sviluppare un pensiero critico che mette in discussione ciò in cui si imbatte, nonostante le fonti siano per noi fiduciarie e autorevoli. Il paradosso in cui viviamo è una sovra informazione auto generata che si auto alimenta. Siamo esposti “a ciò a cui vogliamo credere” e ci allontaniamo “da ciò che non ci piace”. Il punto è: lo facciamo con consapevolezza e responsabilità o per comodità, pigrizia o ancora perché siamo troppo concentrati a creare i nostri contenuti e non abbiamo tempo per leggere/ascoltare attivamente?
Abbiamo già troppe cose da fare e a cui pensare che quando siamo online in orario extra lavorativo vorremmo distrarci, rilassarci, leggere cose “più leggere”. Il punto è che il web è attivo h24 e 7su7”anywhere, anytime e anyplace” e dobbiamo essere decisamente bravi ad ascoltare attivamente ciò che ci propone attraverso i vari device. Ricordiamoci che siamo ciò che pubblichiamo e che fruiamo e che per creare contenuti “giusti” dobbiamo ascoltare. Ma noi non ascoltiamo e nessuno ascolta noi e in questo isolamento/bolla rischiamo di rimanere impantanati se non affrontiamo con consapevolezza e responsabilità il cambiamento in essere.
Di seguito qualche spunto di riflessione che ci porterà a migliorare il nostro approccio. E attenzione non significa che siamo superficiali o inconsapevoli in maniera totale, ma che un angolo della nostra visione scopriremo essere “condizionato dalle nostre idee pre confezionate”. E no, scoprire nuove angolazioni e pensieri non è apparire incoerenti; l’incoerenza la si ha quando andiamo a toccare i valori portanti per noi:
· Fate un’analisi di chi seguite e di quali contenuti ricevete quotidianamente sui vostri feed? in email? Almeno ogni 6 mesi?
· Quando fruite di un contenuto divertente, di consigli make up o fashion, di elettronica e must have, vi chiedete mai se è guidato da interessi prettamente commerciali?
· Quando un contenuto vi piace, vi coinvolge e lo apprezzate tanto da mettere un like, o condividerlo, prima di farlo controllate che anche gli altri contenuti del creator siano in linea o rischiate di condividere un pensiero di cui non siete completamente a conoscenza?
Comunicare online è complesso, creare contenuti lo è ancora di più se lo si vuole fare bene, ma la nostra responsabilità è quella di tutelare il nostro pensiero #consapevolmenteconnessi. Serve tempo, servono energie e serve analisi costante, ma è lo stesso luogo nel quale vogliamo costruire le nostre strategie di business. Dunque rendiamo il web un luogo più consapevole.

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