Ogni contenuto postato è un potenziale rischio. Regola numero uno del web: tutelare le parole

A cura di Francesca Anzalone

Ogni “post” è un potenziale rischio, ma è anche una potenziale opportunità di miglioramento, crescita e conoscenza se ci permette una riflessione e una nuova rielaborazione a valore aggiunto per noi stessi e per il web.

Una delle domande più ricorrenti negli ultimi periodi è: “come si può postare nel web certe frasi?”. Il punto è che questo tipo di domanda ce la poniamo quando la frase si scontra con i nostri valori e non prima. E questo è esattamente il rischio che portiamo ogni giorno online anche con i nostri contenuti. Difficilmente ci poniamo domande sul valore perché nella maggior parte dei casi l’obiettivo è la visibilità.

Ogni rischio, conosciuto, può diventare opportunità

Ma il punto è che non tutti abbiamo gli stessi valori e ciascuno interpreta i contenuti attraverso la propria percezione. Ogni rischio però, se identificato e analizzato, può diventare opportunità di crescita e miglioramento. E se e rielaborato prima dell’invio, diventa un contenuto a valore aggiunto per il web.
Siamo online, siamo in una conversazione che viaggia h24, 7 giorni su 7, a livello mondiale, inserita in una pluralità di punti di vista, esperienze e percezioni pressoché infinite, senza ricordarlo. Perché c’è un punto fondamentale: non abbiamo ancora piena coscienza dell’omnicanalità in cui viviamo e della trasformazione in cui ciascuno di noi si ritrova. Da privati cittadini e futuri cittadini che dialogano con una nicchia in un luogo fisico diventiamo, prima comunicatori pubblici e poi creatori di contenuti e influenzatori delle nostre nicchie. Ma tutto questo in maniera inconsapevole, almeno in parte; e senza renderci conto di doveri e responsabilità oltre che, in certi casi, di diritti altrui violati.

Regola numero uno del web: tutelare le parole

Lo vediamo nei washing, nei backlash, nelle crisi reputazionali di personaggi pubblici e sempre più di frequente nei casi di cronaca. Siamo quello che postiamo. E dunque il contenuto creato è alla ricerca di notorietà: deve essere “perfetto”, oppure deve suscitare scalpore, o farci ricordare per qualche impresa. Sappiamo che quel contenuto deve fare emergere il nostro pensiero, deve competere con altri milioni di contenuti e deve confrontarsi con il concetto di “urgenza” con il quale conviviamo sempre più.
È arrivato il momento di fermarci a riflettere e di creare consapevolezza e soprattutto di creare le competenze necessarie a tutelarci, tutelare le parole, il brand, la reputazione e la reale identità. E’ arrivato il momento di renderci conto che le proiezioni non sono la realtà, che nel mondo fisico esistiamo e dobbiamo convivere nel rispetto, nella lealtà, in una società di cui facciamo parte e verso cui abbiamo diritti e doveri. Renderci conto che le parole hanno un peso importante e che non possono rimanere vuote, ma diventare azioni fuori e dentro il web. Serve una coerenza omnicanale e dunque consapevolezza e responsabilità da parte di ciascuno di noi.

Comunicare in maniera consapevole e responsabile

Comunicare in maniera consapevole e responsabile oggi è una priorità. Soprattutto dopo l’entrata dei social network nella nostra quotidianità. La statistica italiana riporta che trascorriamo in media circa 147 minuti al giorno sui social e poco meno di 6 ore online, si legge sul report di we are social. E ricordiamoci che WhatsApp è una piattaforma di social media utilizzata dal 40,5% degli utenti italiani nel web. Una volta c’era il pensiero riportato, oggi ci sono screenshot, inoltri, condivisioni, registrazioni live, video, audio e non sempre fatti con l’autorizzazione del “mittente del messaggio”.

Lascio qui alcune domande su cui ciascuno di noi può riflettere:
· Prima di condividere un contenuto (commento, pensiero, foto, video, audio) lo rivediamo nell’ottica di ricerca dei potenziali rischi e del suo miglioramento a valore aggiunto?
· Siamo consapevoli che una visione unilaterale nel web è sinonimo di potenziale crisi?
· Quando postiamo qualcosa nel web siamo consapevoli di diventare “comunicatori pubblici” e ancora di più “creatori di contenuti” verso una audience indefinita e indefinibile o pensiamo piuttosto “il mio profilo è ristretto, mi leggono solo gli amici, questo contenuto serve per un obiettivo X”, senza ricordare che chiunque si imbatte in quel contenuto lo interpreterà secondo la propria percezione e visione?
· Siamo consapevoli di essere “influenzatori” di una nicchia più o meno ristretta che ripone fiducia in noi?
· Verifichiamo periodicamente almeno ogni sei mesi chi stiamo seguendo e dunque a chi permettiamo di influenzarci?

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