A cura dell’avvocato Maurizio Iorio
Ritornano le FAQ, curate dall’avvocato Maurizio Iorio, Presidente di Andec, sulle principali e più attuali normative in vigore, per assicurare alle aziende associate comportamenti sempre virtuosi e conformi alla legge. Il presente articolo riporta una selezione di domande (poste da iscritti ad ANDEC) e di risposte (del sottoscritto) concernenti prodotti di elettronica di consumo, originate dalle problematiche correnti e dai dubbi derivanti dalla pratica aziendale e dalla conseguente necessità di agire in conformità alla corrente normativa di legge, spesso piuttosto complessa. Le risposte vengono fornite dal presidente dell’Associazione nell’ambito del servizio di consulenza legale gratuita riservato da ANDEC ai suoi associati. Tutti i quesiti sono ovviamente resi anonimi ed astratti.
Le risposte fornite sono, come di consueto, di valore immediato e di comune interesse per gli operatori del settore.
A cura dell’avvocato Maurizio Iorio
Domanda: porta Usb Type-C e tempo per smaltire le scorte di prodotti non conformi.
Avremmo bisogno di conoscere quanto stabilisce la corrente normativa di legge in tema di “cavetto C di alimentazione”. Infatti, ci risulta che entro il 2024 tutti gli apparati dovranno essere muniti di porta Usb-C il cui nuovo standard sarà obbligatorio per tutti gli apparecchi venduti.
Ciò che non ci è chiaro è il tempo concesso all’industria e al trade per smaltire le scorte dei prodotti non conformi.
Risposta: come riportato in un comunicato stampa della Commissione UE dello scorso anno [Caricabatteria standardizzato: approvazione definitiva dei ministri dell’UE alla porta di ricarica universale – Consilium (europa.eu)], “Il 23 novembre 2022, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno firmato la direttiva che modifica la Direttiva RED del 2014, con l’obiettivo di rendere obbligatorio un caricabatterie unico per i telefoni cellulari e una serie di altri piccoli dispositivi portatili.
La direttiva modificata, proposta dalla Commissione il 23 settembre 2021, richiederà che i dispositivi elettronici siano dotati di presa USB Tipo-C per incorporare il protocollo di comunicazione USB Power Delivery.
Un’iniziativa separata sulla progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni dovrebbe garantire che la presa e il protocollo di comunicazione siano utilizzati su entrambe le estremità dei cavi del caricabatterie. Il consumatore avrà la possibilità di acquistare dispositivi con o senza caricabatteria (unbundling) e verrà informato da un pittogramma indicante se un caricabatterie è incluso nel dispositivo.
Le informazioni sulle capacità di ricarica e i dispositivi di ricarica compatibili saranno fornite a mezzo etichetta. Entro la fine del 2024, la Commissione sarà tenuta a richiedere la creazione di standard armonizzati per la ricarica wireless e dovrà valutare se il caricabatterie unico debba essere reso obbligatorio per ulteriori apparecchi. La direttiva si applica a tutti i dispositivi coperti dal 28 dicembre 2024 e ai laptop da 28 aprile 2026”.
Ciò detto, preciso quanto segue: (1) la direttiva “che modifica la Direttiva RED del 2014”, di cui trattasi è la D. 2022/2380/UE [EUR-Lex – 32022L2380 – EN – EUR-Lex (europa.eu)]; (2) nel silenzio della direttiva, si applica il principio generale secondo cui tutti gli apparecchi immessi nel mercato UE prima dell’entrata in vigore dei nuovi requisiti tecnici seguono la normativa precedente e possono pertanto essere commercializzati fino al naturale esaurimento delle scorte.
Domanda: chi è legalmente il “Fabbricante”, nel caso di un prodotto fatto fabbricare a un terzo e venduto col solo marchio del committente? In tal caso va comunque indicato il nome del terzo?
La nostra società fa fabbricare prodotti in Cina (apparecchi Tv) e li commercializza nella UE esclusivamente con il proprio marchio. Vorremmo sapere se sia obbligatorio o meno riportare su tali apparecchi un’etichetta con l’indicazione (denominazione sociale ed indirizzo di contatto) sia della nostra azienda (in quanto “Produttore”) sia del fabbricante cinese, il cui marchio – come si è detto – non appare tuttavia sul prodotto.
Risposta: ai sensi della corrente normativa di legge è “ la persona fisica o giuridica che (a) fabbrica apparecchiature radio o le fa progettare o fabbricare, e (b) le commercializza, (c) apponendovi il proprio nome o marchio” (D. Lgs 128/2016 art. 1 lettera -n-; Direttiva 2014/53/UE art. 2 n. 12).
-Per “nome” come chiarisce – ce ne fosse bisogno – l’articolo 10 n. 7 del predetto D. Lgs 128/2016, si intende “la denominazione sociale registrata”.
-Per “marchio” come chiarisce sempre il predetto articolo 10 n. 7 del Dlgs. 128/2016 si intende il “marchio registrato”.
Finora è stata citata la direttiva “RED” 2014/53/UE ma analoga previsione circa l’identificazione del “Fabbricante” inteso possibilmente anche come il soggetto che commissiona la produzione a terzi, è contenuta nelle altre normative di settore, al punto che la “Guida Blu della Commissione all’attuazione della normativa UE sui prodotti” (ed. 2022) al paragrafo 3.1. (definizione di “Fabbricante”) ottavo capoverso, precisa in modo “orizzontale” che “In questo senso, l’operatore economico che immette il prodotto sul mercato con il proprio nome o marchio diventa automaticamente il fabbricante ai fini della normativa di armonizzazione dell’Unione. Egli si assume pertanto la piena responsabilità per la valutazione della conformità (progettazione e produzione) del prodotto anche nel caso in cui questa operazione sia stata in realtà eseguita da un altro soggetto…”.
Occorre aggiungere che il Regolamento (UE) 2019/1020 stabilisce all’art. 4.1. che un AEE può esser immesso sul mercato UE solo se esiste uno degli operatori economici previsti, stabiliti nell’ Unione, il cui nominativo ed un indirizzo dovrà, ai fini della tracciabilità, accompagnare il prodotto.
Gli operatori previsti sono 4:
a) il fabbricante stabilito nell’Unione;
b) un importatore, “se il fabbricante non é stabilito nell’Unione”;
c) un rappresentante autorizzati del fabbricante munito di mandato scritto;
d) un operatore logistico stabilito nella UE .
Come si è detto, nel nostro caso, la Vostra azienda è legalmente il “Fabbricante stabilito nell’Unione”; non c’è pertanto nessuna necessità di legge – alla stregua della normativa in esame – di riportare anche gli estremi del fornitore cinese a cui è stata commissionata la fabbricazione del prodotto.
Domanda: è possibile indicare le condizioni che regolano la garanzia convenzionale attraverso un link che rimandi a un sito internet?
Abbiamo il seguente quesito: nel caso in cui sia fornita una garanzia convenzionale (quindi aggiuntiva e distinta rispetto a quella legale), il codice del consumo prevede che al consumatore ne sia fornita informazione “su un supporto durevole” (“La garanzia convenzionale, a richiesta del consumatore, deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile”).
Vorremmo sapere cosa si intenda esattamente per “supporto duraturo” e, in particolare, se sia possibile – in alternativa alla fornitura del testo della garanzia convenzionale assieme al prodotto – accompagnare i prodotti con l’indicazione di un link ad un sito web da cui scaricare il testo della garanzia convenzionale fornita ed ogni altra correlativa informazione accessoria.
Risposta: la risposta è sì: è possibile rendere note le condizioni della garanzia convenzionale di un prodotto rendendole scaricabili da internet e riproducendo il relativo link sulla documentazione di accompagnamento del prodotto stesso (non sugli imballaggi).
Mi spiego meglio: il D. Lgs. 170/2021, in attuazione della Direttiva UE 2019/771 (che ha emendato il codice del consumo in tema tra l’altro di garanzia convenzionale, definisce supporto durevole “…ogni strumento che permetta al consumatore o al venditore di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate, in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate”.
In assenza di una definizione chiara e concreta di cosa si intenda per supporto durevole, possiamo interpretare tale espressione in via analogica, tramite la normativa europea nonché attraverso la giurisprudenza europea.
Quanto alla normativa europea, la Direttiva 2011/83/CE, nei considerando, precisa che “i supporti durevoli dovrebbero permettere al consumatore di conservare le informazioni per il tempo ritenuto necessario ai fini della protezione dei suoi interessi derivanti dalla relazione con il professionista. Dovrebbero rientrare tra detti supporti in particolare documenti su carta, chiavi USB, CD-ROM, DVD, schede di memoria o dischi rigidi del computer nonché messaggi di posta elettronica”; la medesima direttiva, inoltre, definisce supporto durevole come segue: “ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate”.
Quanto alla giurisprudenza, una non lontana sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (n. C. 358/2021) ha stabilito che le condizioni di vendita generali di un contratto stipulato tra due società possono essere richiamate tramite un link ad un sito specificato nel contratto tra le parti.
La Corte ha evidenziato infatti che il requisito della registrazione su supporto durevole è integrato dalla reperibilità delle condizioni e dalla possibilità che queste siano salvate e stampate dal sottoscrittore. Sulla stessa linea, anche se meno recente, la sentenza della Corte di Giustizia n. C. 322/2015.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene, dunque, possibile indicare le condizioni che regolano la garanzia convenzionale attraverso un link che rimandi al vostro sito internet, purché tali informazioni vi permangano per un tempo congruo con la durata della garanzia stessa e purché venga garantito che il contenuto della garanzia rimanga il medesimo nel corso degli anni.
Si esclude che il packaging, destinato di per sé allo smaltimento, possa essere considerato uno strumento durevole di conservazione, non sussistendo, tra l’altro, un obbligo alla sua conservazione neppure ai fine dell’esercizio del diritto di garanzia.
Il link, pertanto, dovrebbe venire riportato sulla documentazione che accompagna il prodotto (ad esempio sul libretto istruzioni).
Domanda: le scrivo la presente e-mail per avere una sua consulenza riguardo la simbologia dei codici di riciclo da apporre sui prodotti.
Un nostro cliente ci ha fatto richiesta di indicare tutti i materiali che compongono i prodotti da noi importati, al fine di inserire la corretta simbologia di smaltimento da apporre sulle etichette.
Stando a quanto apprendiamo, la simbologia è obbligatoria solo per quanto riguarda gli imballaggi.
Può darci conferma di ciò?
Per i prodotti, invece, ci risulta che sia necessario e sufficiente indicare la destinazione d’uso ed i materiali di cui sono composti, come previsto all’ art. 6 del Codice del Consumo. Ci conferma quanto sopra?
Risposta: confermo che il codice alfa numerico di cui alla Decisione ( CE ) 1997/129, è previsto solo quanto all’etichettatura degli imballaggi.
Quanto all’etichettatura dei prodotti, ricordo che il Codice del Consumo, all’art. 6 comma 1 lettera d), obbliga a indicare su prodotti / confezioni dei prodotti “l’eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all’ uomo, alle cose o all’ ambiente”; tuttavia, per espresso rimando operato dal Codice del Consumo all’articolo 10, ultimo comma, l’interpretazione di questo articolo deve avvenire in conformità al DM 08.02.1997 n. 101, ai sensi del quale (art. 9, primo comma): “la presenza di tali materiali e sostanze va indicata solo qualora in occasione dell’uso anche non appropriato purché ragionevolmente prevedibile, dell’immagazzinamento o dello smaltimento del prodotto possano essere ceduti in quantità tale da rappresentare un rischio per l’uomo, le cose o l’ambiente”; mi sembra pertanto che Vi venga chiesto dal Vostro cliente qualcosa di più rispetto a quanto previsto dalla normativa corrente di legge.
Domanda: lingua da utilizzare nel caso di app destinata a consumatori italiani.
La nostra azienda intende fornire assieme ai nostri prodotti (telefoni cellulari) commercializzati in Italia, un’applicazione per il consumatore finale. Vorremmo sapere se la stessa debba essere necessariamente in lingua italiana o se sia possibile l’utilizzo esclusivo di una o più lingue straniere.
Risposta: capisco dalla descrizione che l’applicazione informatica di cui trattasi ha lo scopo di fornire istruzioni o anche solo informazioni all’acquirente sul miglior uso di un nuovo modello di prodotto: in tali casi è prevista dal Codice del Consumo (Decreto Legislativo 6.9.2005 n. 206) la lingua italiana: ciò in virtù degli articoli 6.1.(f), 9 e 129.3.(c).
Ricordo inoltre che la normativa elettrica/elettronica di settore (EMC, LVD, RED) prevede, nella legislazione italiana di attuazione, che le istruzioni siano redatte in lingua italiana (Cfr. ad es., in campo EMC, Dlgs 194/2007, art.7.bis n. 7).
Ne consegue che nel caso di specie l’app dovrà essere necessariamente fornita anche (o solo) in lingua italiana.
Domanda: riparazioni e sostituzioni di apparecchi elettrodomestici presso il domicilio del cliente.
Abbiamo i seguenti quesiti riguardanti la gestione del post-vendita e, nello specifico, le riparazioni/sostituzioni in loco, presso la cucina in cui un piano cottura da riparare o da sostituire è installato:
- Al fine di poter effettuare una riparazione (operando quindi solo sulle parti del prodotto) da parte di un centro assistenza autorizzato su un piano cottura a gas, è necessario che il centro assistenza sia in possesso di una certificazione specifica? Se sì, quale?
- Qualora invece il centro assistenza autorizzato dovesse sostituire un piano cottura poiché irreparabile (quindi installarne uno nuovo rimuovendo quello difettoso) è necessario che il medesimo sia in possesso di una certificazione specifica? Se sì, quale?
- Il cliente finale è tenuto ad esibire prima della riparazione un certificato di conformità dell’impianto a gas collegato al piano cottura?
Risposta: la materia è regolata dal DM 37/2008 e prevede che per l’attività di manutenzione straordinaria dell’impianto di utilizzazione di gas sia necessario l’intervento di un tecnico abilitato, così come individuato dall’art. 3 (avente determinati requisiti tecnico professionali elencati, in via alternativa, all’art. 4). Il tecnico abilitato, che dovrà attenersi a quanto prescritto delle UNI di settore, rilascia alla fine dei lavori la dichiarazione di conformità (art. 7).
Per quanto riguarda, invece, le attività di manutenzione ordinaria il DM 37/2008 prevede che esse possano essere eseguite anche da imprese non abilitate (art. 10).
La norma UNI 7129/08 definisce manutenzione straordinaria qualsiasi intervento che comporta la sostituzione di parti dell’impianto, quali le tubazioni e gli accessori (rubinetti, gomiti, raccordi, ecc), i collegamenti degli apparecchi, nonché la realizzazione o la modifica delle predisposizioni edili e/o meccaniche per la ventilazione del locale dove deve essere installato l’apparecchio, le predisposizioni edili e/o meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti per la combustione.
La definizione di manutenzione ordinaria viene data dallo stesso DM 37/2008 all’art. 2 lett. D: “… gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale d’uso, nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessità di primi interventi, che comunque non modificano la struttura dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore”.
Ciò detto, quanto alle Vs. prime due questioni (riparazione o sostituzione di un piano di cottura) occorre distinguere tra:
(1) allacciamento all’impianto del gas di un elettrodomestico (cucina a gas o elettrica) e,
(2) riparazione o sostituzione del piano cottura di un elettrodomestico già collegato.
Alla stregua della normativa sopra esaminata, nel caso (1) siamo nell’ambito della manutenzione straordinaria (“collegamento degli apparecchi”) e occorre pertanto che chi effettua l’allacciamento sia fornito di determinate qualità e rilasci una certificazione di conformità secondo la normativa sopra ricordata.
Nel caso (2) siamo invece nell’ambito della manutenzione ordinaria: occorre pertanto che il lavoro sia effettuato da personale qualificato e a regola d’arte, ma non entrano in gioco le qualificazioni e certificazioni previste per il caso (1).
Quanto alla terza questione (“il cliente finale è tenuto ad esibire prima della riparazione un certificato di conformità dell’impianto a gas collegato al piano cottura?”), la normativa di riferimento fa divieto al riparatore/installatore di intervenire a valle di un impianto di distribuzione del gas che non sia a norma, ed è pertanto opportuno che quest’ ultimo si cauteli, chiedendo l’esibizione della correlativa documentazione.